Ci sono vetture che più di altre hanno alimentato storie, speculazioni, leggende. Una di queste è la Ferrari 637, come da numero di progetto. Questa monoposto, costruita in gran segreto a Maranello, non era stata progettata per sfidare gli avversari in Formula 1, bensì per lanciare un messaggio preciso alla Federazione Internazionale dell’Automobile in un periodo di grandi cambiamenti regolamentari che riguardavano in particolare i motori. La FIA aveva intenzione di puntare sul mono-frazionamento a 8 cilindri, Ferrari era contrario.
Il messaggio era piuttosto esplicito: lasciare la Formula 1 a favore della partecipazione al campionato americano CART. “In effetti la notizia riguardante il nostro abbandono della F1 in favore degli USA ha delle basi concrete. Per molto tempo la Ferrari ha studiato un programma valido per partecipare al campionato CART ed alla Indy500. Se la F1 non riuscirà a garantire un regolamento tecnico e sportivo valido per i prossimi tre anni, la Scuderia Ferrari renderà questo programma effettivo, in accordo con i suoi partners”. Parola di Enzo Ferrari.
Che fosse o meno uno strumento di pressione nei confronti della FIA, il progetto viene attuato con la massima serietà dalla Casa del Cavallino. Marco Piccinini, direttore sportivo della Scuderia, si reca negli Stati Uniti per seguire alcune gare e per parlare con gli organizzatori della serie. A Maranello, invece, viene formato il gruppo di lavoro al cui vertice c’è un giovane ingegnere austriaco, Gustav Brunner. Appare chiaro fin dall’inizio che il progetto può avere successo solo avvalendosi della collaborazione di team che abitualmente gareggiano nel campionato CART. Leo Mehl, uno dei responsabili delle attività sportive di Goodyear, produttore di pneumatici per la Ferrari in F1 e fornitore unico per la serie statunitense, consiglia di avvalersi delle competenze del team Truesport. Questa scuderia, che partecipava al campionato CART con una March 85C, nel 1985 era riuscita a dare una svolta alla sua stagione nelle ultime sei gare, grazie ad altrettanti successi conquistati da Bobby Rahal, due GP in F1 a fine anni Settanta con la Wolf ma affermato pilota in patria. Ed è proprio da questa monoposto che iniziano gli studi per la nuova Ferrari. Dopo un test segreto svolto da Michele Alboreto a Fiorano, il team di Brunner – composto tra gli altri da Harvey Postlethwaithe e da Antonio Bellentani – si dedica allo sviluppo della vettura, ispirandosi ad alcuni concetti tecnici in voga nel campionato statunitense ma elaborandoli in maniera originale e del tutto innovativa. Brunner studia, sperimenta, ricerca e passa molte ore in galleria del vento per definire le forme e l’aerodinamica della monoposto. Fa molti viaggi anche in America e segue in più occasioni le gare e i test del campionato, inclusa la 500 Miglia di Indianapolis. A Maranello, intanto, le risultanze dei calcoli ed i valori emersi dagli studi sono promettenti ed il progetto prosegue spedito. Un anno più tardi, nel settembre del 1986, la 637 è pronta per scendere in pista, ed è sempre Alboreto ad essere incaricato dei collaudi. La monoposto si dimostra competitiva sin dai primi metri e, soprattutto, decisamente diversa dalle altre vetture della serie. Un esempio su tutti è il muso che presenta linee e soluzioni che si sarebbero viste solamente molti anni dopo. Ad assistere al collaudo è presente anche una rappresentanza della stampa internazionale, dal momento che Ferrari voleva essere certo che il messaggio alla Federazione arrivasse forte e chiaro.
Il messaggio, in effetti, arriva ed iniziano le trattative con la FIA che segnano una vittoria politica per Ferrari, il quale conferma l’impegno della Scuderia in Formula 1 ma, contestualmente, definisce la fine anticipata per il progetto della Ferrari 637 che tutto era fuorché un bluff.