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IL CAMBIO DI MANSELL

F1-89, RIVOLUZIONE ELETTROIDRAULICA

IL CAMBIO DI MANSELL
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F1-89
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F40 Competizione
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IL CAMBIO DI MANSELL
1989IL CAMBIO DI MANSELL
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1989Bellezze insuperabili

IL CAMBIO DI MANSELL

F1-89, RIVOLUZIONE ELETTROIDRAULICA

Millesimi di secondo. Che possono fare la differenza tra l’essere i vincitori o i vinti. E il secondo, si sa, è il primo dei perdenti. Questa è la F1, l’apice dello sport dei motori, dove le migliori squadre, vetture e piloti si sfidano continuamente. E in cui la tecnologia la fa da padrona.

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Un esempio? Il cambio al volante, una tecnologia a dir poco consolidata in Formula 1 e di cui è ormai dotata qualsiasi vettura sportiva che si rispetti. Trent’anni fa, tuttavia, non lo era per niente. Anzi. Sembrava qualcosa di impensabile. Nel 1979 la Scuderia aveva studiato e testato su una 312 T3 laboratorio un comando del cambio elettroidraulico. Invece della leva, le marce venivano innestate grazie a due pulsanti posti sul volante capaci di attivare delle valvole elettromagnetiche che azionavano i pistoncini dell’attuatore del cambio. La mancanza di un’elettronica evoluta aveva fatto accantonare tale soluzione. Ma l’idea non era svanita. Dieci anni dopo, con nuove tecnologie, la Ferrari ripercorre la stessa strada, aprendo di fatto una nuova era in Formula 1 con la rivoluzionaria F1-89, numero di progetto 640, ideata da John Barnard. Questa vettura è a tutti gli effetti la vera capostipite dell’attuale generazione di monoposto gestite dall’elettronica. È caratterizzata da un’innovativa veste aerodinamica, è dotata di sospensioni push rod con barre di torsione e dell’ultima versione del V12 aspirato da 600 cv a 12.000 giri/min. La perla della F1-89 però è il cambio gestito elettronicamente mediante un doppio bilanciere dietro le razze del volante. Con la mano destra il pilota gestisce le marce a salire, con la sinistra attiva le scalate. Il cambio è una tradizionale trasmissione longitudinale la cui selezione delle marce avviene tramite selettori idraulici gestiti dagli attuatori elettroidraulici.

Per il pilota i vantaggi sono ovvi: maggiore concentrazione nella guida per tempi sul giro inferiori ma anche riduzione al minimo di errori e fuorigiri, a tutto vantaggio dell’affidabilità di motori e cambi.

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Affidabilità, si diceva. E qui arriva la nota dolente. Perché è quella che manca alla F1-89 alla vigilia della prima gara del Mondiale 1989, in Brasile. La tecnologia è troppo nuova e nel paddock si accettano scommesse su quanti saranno i giri che completeranno Gerhard Berger e il nuovo compagno di squadra Nigel Mansell sul circuito di Jacarepaguá, alle porte di Rio de Janeiro. La fiducia sulla resistenza della nuova soluzione è talmente poca che lo stesso Mansell ha prenotato il volo di rientro verso casa già nel tardo pomeriggio, certo com’è che la sua gara non durerà a lungo. E invece in una giornata caldissima la rossa numero 27 del Leone britannico, scattato sesto sulla griglia di partenza, completa tanti giri senza intoppi come non ne aveva mai fatti in tutto il periodo di test.

Ne percorre 61, l’intera distanza di gara e va a vincere con oltre sette secondi di vantaggio sulla McLaren-Honda di Alain Prost. Le mani dei rivali sono piagate dalle tante cambiate richieste dalla corsa, quella di Mansell si ferisce alzando la coppa del vincitore sul podio… Un altro importante capitolo della storia della Formula 1 è stato scritto. E porta la firma Ferrari.

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I capolavori del 1989