La Dino 246 GT era un’evoluzione della Dino 206 GT, con un motore V6 di cilindrata maggiore e un passo allungato di 60 mm. Al di là delle differenze di interasse, il design della vettura era praticamente invariato se si eccettuano le modifiche marginali riguardanti il cofano motore – ora più allungato – e il riposizionamento del tappo del serbatoio.
La macchina riscosse un notevole successo commerciale, tanto che ne furono prodotte ben tre serie. Quando, nel ‘73-’74, la produzione cessò, la domanda rimase alta e furono in molti ad esserne dispiaciuti.
At about the time that the Dino 206 GT gave way to its successor the 246 GT during 1969, Enzo Ferrari was reaching an agreement with Gianni Agnelli of Fiat to take over the production car side of the Ferrari business.
At this time Enzo Ferrari was already over 70 years of age, and apart from securing the long-term future of the production car business, it freed him from the day to day responsibilities of it, and gave him more time to devote to his first love, the racing department. The Dino 246 GT made its official debut at the Turin Show in November 1969, although the production run had already commenced. A total of 81 examples were completed by the end of the year.
Visually the 246 GT was almost identical to the 206 GT that it succeeded, apart from the fuel filler cap being under a flush fitting flap on the left sail panel. In reality there were more differences than initially met the eye. Apart from the increase in engine capacity from 2 litres to 2.4 litres, the engine block material was changed from aluminium to cast iron. Also not apparent from a casual glance was the change to the wheelbase, which was 2280mm on the 206 GT, and 2340mm on the 246 GT, with a corresponding increase in overall length. An increase in diameter of the paired twin exhaust pipes could also be noticed.
Nel corso del periodo di produzione della 246 GT, dal 1969 al 1974, non furono effettuati cambiamenti significativi. Tuttavia, alcuni dettagli e piccoli particolari furono sostituiti con altri, e la cosa diede origine alle tre serie di vetture conosciute come “L”, “M” e “E”. Ciò indipendentemente dalle diverse versioni di mercato, ed al modello con tettuccio di tipo “Targa” noto come 246 GTS.
A grandi linee, i veicoli della serie “L” furono prodotti dalla fine del 1969 a tutto il 1970. Erano dotati di ruote con gallettone singolo, paraurti angolari anteriori che terminavano all’interno della presa d’aria sul musetto, luci targa incorporate all’interno dei paraurti angolari posteriori, bottone d’apertura del cofano bagagli ed appoggiatesta montati sulla paratia posteriore. Il corpo vettura era realizzato in acciaio ed il cofano anteriore in alluminio.
Le vetture della serie “M” furono prodotte per un breve periodo nella prima parte del 1971. Erano dotate di ruote fissate con cinque bulloni, dispositivo d’apertura del cofano bagagli posteriore posto all’interno dell’abitacolo, appoggiatesta montati sugli schienali dei sedili e piccole modifiche di dettaglio al motore ed al cambio. Anche il telaio era stato oggetto di variazioni: la carreggiata posteriore era aumentata di 30mm.
I veicoli della serie “E” furono realizzati dai primi mesi del 1971 al termine della produzione in serie nel 1974. Queste macchine incorporarono tutte le variazioni intervenute nella serie “M”, assieme ad altre modifiche al propulsore ed al cambio. La posizione di riposo del tergicristallo cambiò: da centrale, divenne alla destra del parabrezza nelle vetture con guida a sinistra, mentre gli esemplari con la guida a destra mantennero la posizione di riposo centrale. Altre differenze visibili riguardarono il comando d’apertura delle portiere che fu portato sotto l’incavo delle medesime: in precedenza, il dispositivo era situato all’interno di tale incavo. I paraurti angolari anteriori terminavano poco prima dell’apertura della griglia, ed i condotti di raffreddamento sotto i medesimi cambiarono: da semplici aperture rettangolari, divennero circolari. La luci targa posteriori furono realizzate con un elemento rettangolare cromato, fissato sotto la sezione posteriore esterna del vano bagagli.
Una versione riservata al mercato statunitense fu introdotta alla fine del 1971: può essere identificata dagli indicatori di direzione verticali messi sul musetto e dalle luci laterali installate suo parafanghi anteriori. Il modello 246 GTS con tettuccio asportabile rifinito in nero fu lanciato nella primavera del 1972 al Salone di Ginevra. Oltre alla presenza del tettuccio asportabile, lo si identifica anche per l’assenza del finestrino posteriore, rimpiazzato da un pannello in metallo provvisto di tre sfoghi d’aria rettangolari, destinati a migliorare la ventilazione dell’abitacolo. In una fase successiva della produzione furono adottate delle ruote Campagnolo più larghe e con un disegno diverso da quello delle precedenti Cromodora, abbinate a parafanghi più svasati Inoltre, i sedili furono sostituiti con un modello simile a quelli della “Daytona”, dotato di una lavorazione più elaborata composta di sottili fettucce di pelle. Nei mercati di lingua inglese la nuova configurazione fu soprannominata “Chairs and Flares”.
Come già detto, le vetture furono costruite su un telaio avente un passo di 2340mm, realizzato sulle medesime linee che avevano ospitato la precedente 206 GT. Nel corso del periodo di produzione, il telaio fu modificato due volte e fu identificato con il numero di riferimento interno 607L, 607M e 607E. La sequenza di numerazione a cifre pari della Dino, iniziata con la 206 GT, continuò ad essere utilizzata durante la produzione in serie. Furono adottati dischi ventilati assistiti da servofreno, inizialmente Girling sulle vetture della serie “L” ed in seguito ATE sui modelli successivi, uniti a sospensioni indipendenti secondo lo schema già visto sulla 206 GT. La forma della carrozzeria rimase virtualmente identica a quella della 206 GT, tranne per i particolari già menzionati.
Il motore mantenne la configurazione a 65 gradi, con doppi alberi a camme comandati da catena per bancata di cilindri, e la capacità raggiunse i 2418cc. L’alesaggio era di 92,5mm, la corsa di 60mm ed il numero identificativo di riferimento interno era 135 CS. Il blocco cilindri era in ghisa mentre la testa e varie altre fusioni furono realizzate mediante una lega chiamata silumin. Il propulsore era montato trasversalmente, unito al blocco del cambio a cinque velocità sincronizzate, situato sotto e posteriormente al carter umido del motore. Sulle serie “L” e “M” l’alimentazione era assicurata da una bancata di tre carburatori doppio corpo Weber 40 DCN F/7, mentre la serie “E” adottò i 40 DCN F/13. Tutti furono montati al centro della “V”. Era presente un distributore ed un sistema d’accensione elettronico. La potenza dichiarata era di 195 cavalli.
Nonostante l’evoluzione dello stile della carrozzeria, che derivava dalle Dino costruite per le corse nella categoria Sport, le Dino stradali non ebbero impiego nelle competizioni, a parte sporadiche partecipazioni di privati in eventi secondari e rally a carattere nazionale. L’unica presenza in una manifestazione internazionale fu alla 24 Ore di Le Mans nel 1972, quando una 246 GT profondamente modificata, con numero di telaio 02678, fu iscritta dal North American Racing Team di Luigi Chinetti. Alla guida si alternarono Gilles Doncieux, Pierre Laffeach e Yves Forester: l’equipaggio portò a termine la corsa al diciassettesimo posto assoluto ed in settima piazza nella classifica riservata alla categoria “Index of Performance”. Tra il 1969 ed il 1974 un totale di 2487 Dino 246 GT lasciarono gli stabilimenti Ferrari, assieme a 1274 esemplari di 246 GTS realizzati tra il 1972 ed il 1974.