Modello dedicato alla clientela che oltre alle prestazioni desiderava possedere una vettura di lusso, fu presentata al Salone di Ginevra del 1964. Derivata dalla 400 Superamerica, offriva un motore particolare che compendiava gli studi sia di Colombo sia di Lampredi. Con i suoi tre Weber 40 DCZ/6 erogava ben 400 CV e posizionava l’auto al vertice della sua categoria. Della prima serie furono costruiti 25 esemplari che avevano il cambio a quattro marce. Nel 1966 comparve la seconda serie, con il cambio a cinque rapporti. Di quest’ultima, videro la luce 12 vetture.
La 500 Superfast fu presentata al Salone di Ginevra 1964 e fino al 1966 fu prodotta in piccola serie limitata. Sarebbe stata l’ultima Ferrari coupè realizzata in questo modo dalla Casa di Maranello, nel solco di una tradizione iniziata con le serie America e Superamerica degli anni cinquanta e dei primi anni sessanta. Mentre la produzione in linea delle automobili cresceva in numero e uniformità di costruzione, le attrezzature necessarie alle produzioni in piccola serie diventavano sempre meno disponibili, nonostante le vetture fossero vendute a prezzi più elevati.
Furono realizzate in totale solo 36 vetture con numeri di telaio che andarono dallo 05951 SF allo 08897 SF, mentre sullo chassis n. 06267 fu costruito un esemplare unico di 330 GT 2+2 con le linee della Superfast, destinato a Sua Altezza il Principe Bernardo d’Olanda. Tra i clienti che acquistarono questo esclusivo mezzo di trasporto, che costava da nuovo l’equivalente di due Rolls Royce, troviamo l’attore inglese Peter Sellers e lo Scià di Persia: quest’ultimo, nel 1965 ne ritirò due nel giro di quattro mesi.
Il corpo vettura fu disegnato da Pininfarina e aveva molti punti di contatto con la 400 SA Coupè Aerodinamica, con la sua presa d’aria ovale e poco profonda per il radiatore. Di solito i gruppi ottici anteriori erano incassati nella parte frontale dei parafanghi, e furono protetti da coperture in Plexiglas solo in due esemplari.
Un lungo cofano motore inclinato si univa alla sezione del luminoso abitacolo in prossimità dei montanti che sostenevano il parabrezza ed il tettuccio, al termine del quale il lunotto si raccordava con il baule mantenendone la linea; la coda era tronca e di forma ovale. I gruppi ottici posteriori erano orizzontali e la loro forma ricordava quella di un proiettile: composti di tre elementi circolari, erano stati realizzati esclusivamente per questa vettura. Due semi paraurti avvolgenti e cromati ornavano sia il musetto sia la coda della macchina: in quelli anteriori erano presenti degli incavi per non ostacolare l’emissione luminosa degli indicatori di direzione. Questa soluzione non fu adottata nella prima vettura prodotta, dove le luci di questo tipo furono realizzate in forma ellittica e collocate sopra i paraurti.
I primi esemplari realizzati avevano uno sfogo laterale per l’aria, composto da undici feritoie e posto lateralmente sui parafanghi anteriori: in seguito fu sostituito con un elemento con tre feritoie di maggiori dimensioni. La stessa scelta fu adottata per i modelli 330 GT 2+2 e 275 GTS. In quel periodo la Ferrari aveva già adottato le ruote in lega leggera, ma nel corso di tutta la produzione la 500 Superfast rimase fedele alle sue belle ruote a raggi Borrani 7L x 15.
Le carrozzerie furono realizzate su dei telai aventi un passo di 2650mm, con numero di riferimento interno 578, e furono numerate con la sequenza di cifre dispari tipica delle vetture stradali, con l’aggiunta del suffisso “SF”: questa fu l’ultima serie di automobili Ferrari ad avere un suffisso dopo i numeri del telaio.
Lo chassis e le sue parti accessorie avevano una costruzione molto simile a quelli della coeva 330 GT 2+2, con tubolari d’acciaio, sospensioni anteriori indipendenti, ponte rigido posteriore con balestre ed ammortizzatori telescopici, guida a sinistra oppure a destra. Otto esemplari, infatti, furono prodotti con il volante sul lato destro della vettura.