L’ultima bandiera a scacchi di Louis Machiels

Maranello 20 ottobre 2025

Barcellona, round di chiusura del campionato GT World Challenge Europe 2025, ha rappresentato l’ultima fermata agonistica per Louis Machiels, pilota belga che ha deciso di dire basta e chiudere una carriera lunga vent’anni, impreziosita da quattro titoli conquistati con Ferrari. Machiels si è laureato campione nel 2011 e nel 2012 nel Blancpain Endurance Series nella classe GT3 Pro Am, poi ancora nel 2020 nel Blancpain GT Series Europe e nel 2022 nel GT World Challenge Europe. 

Gli ultimi due titoli sono arrivati insieme ad Andrea Bertolini, campione della Casa di Maranello, che a sua volta ha appeso casco e guanti al chiodo lo scorso giugno dopo la prova di Monza, terminando la carriera nelle gare, ma rimanendo impegnato nello sviluppo delle vetture e in diverse altre attività del Cavallino Rampante. 

Il legame tra i due si è rafforzato nel tempo: dopo aver condiviso il volante, Bertolini ha continuato a restare accanto a Machiels in qualità di coach. Ora che entrambi hanno concluso la loro esperienza agonistica, Andrea proseguirà il percorso affiancando Jef Machiels, figlio di Louis.

Louis, se guardi indietro, sei soddisfatto di quello che hai fatto?

“Sono felice della mia carriera, davvero. Certo, un pilota vuole sempre qualcosa in più, vuole sempre vincere. Ma alla fine sono contento. Ho avuto tanti podi, tante belle gare. Sono molto felice anche del team, perché senza una squadra di professionisti alle spalle non si arriva da nessuna parte. Con Amato Ferrari e tutta la squadra abbiamo fatto un grande lavoro. E poi ho avuto la fortuna di condividere tanti weekend e successi con Andrea Bertolini. Insieme abbiamo vinto titoli e conquistato molti podi, soprattutto a Spa, che per noi è una pista davvero unica. È stata una carriera bellissima”.

Hai citato Spa, dove hai avuto uno dei momenti più difficili della tua carriera. Ce lo racconti?
“Il punto più buio. Durante la 24 Ore di Spa del 2011, a sei ore dalla fine, eravamo secondi assoluti. Dopo un pit stop, un tecnico ha avviato il motore mentre la macchina era ancora sollevata. Io sono ripartito e successivamente abbiamo ricevuto la bandiera nera. Non avevo fatto nulla di sbagliato, ma siamo stati squalificati. Ero deluso, arrabbiato, perché non era colpa mia. Sono andato dai commissari e ho protestato, ma non c’è stato nulla da fare. È stata una lezione dura, ma anche da quelle situazioni si impara”.

C’è una vittoria che ricordi con più orgoglio?
“Sì, ancora Spa. L’anno dopo quella bandiera nera, siamo tornati e abbiamo vinto la 24 Ore. È stata la vittoria più bella della mia carriera. Tutto il team voleva riscattarsi, abbiamo lavorato durissimo e quella volta ci siamo riusciti. È stato un momento indimenticabile. Forse siamo stati fortunati, ovviamente ci vuole fortuna, ma abbiamo lottato come pazzi perché volevamo dimostrare qualcosa, non solo io, ma tutta la squadra, perché tutti erano delusi da quanto accaduto l’anno precedente. Quindi per me quella è stata la vittoria più bella”.

Quest’anno la Ferrari 296 GT3 numero 52 ha salutato due piloti importanti: prima Andrea Bertolini e ora tu. È una stagione di cambiamenti per il team. Ora è il momento di tuo figlio?
“Sì, credo che sia giusto così. Mio figlio Jef è giovane e ha davanti una grande opportunità con un team importante e un mentore come Andrea Bertolini. Ma dovrà conquistarsi tutto da solo, con il lavoro e la determinazione. Il motorsport è un mondo duro, pieno di giovani talenti veloci e affamati. Io gli ho offerto la possibilità, ma ora deve camminare con le proprie gambe”.

Quindi, anche se lasci le corse, il nome Machiels resterà comunque in pista.
“Esatto. Una parte di me resterà in questo mondo. Spero di poterlo seguire anche fisicamente, e se non potrò, seguirò tutto da casa, come ho sempre fatto”.

Che cosa ha significato per te il rapporto con Andrea Bertolini, dentro e fuori la pista?
È stato speciale. All’inizio eravamo solo colleghi, poi siamo diventati amici, e oggi posso dire fratelli. Ci conosciamo profondamente, possiamo dirci tutto, anche le frustrazioni, e questo è fondamentale. La comunicazione aperta ha rappresentato uno dei segreti del nostro successo: chiarirsi subito e andare avanti, sempre insieme”.

Hai corso anche nel Ferrari Challenge. Che esperienza è stata per te?
Bellissima. All’epoca le auto erano molto differenti da adesso. È una competizione che ti forma, anche se molto diversa dalle GT3”.

Tra tutte le Ferrari che hai guidato, qual è quella che ti è rimasta più nel cuore?
“La 458 GT3. La amo perché con quel modello ho vinto tanto (dice ridendo, ndr). Era una vettura fantastica, davvero. Ogni nuova Ferrari ha portato miglioramenti e innovazioni, ma la 458 GT3 aveva qualcosa di speciale, un equilibrio perfetto. Oggi le auto sono molto più sofisticate”.

E tra i circuiti, qual è quello che ami di più?

“Beh, sono belga… quindi Spa, naturalmente! Ma mi piacciono molto anche Imola e Monza. Amo i circuiti “old school”, come il Paul Ricard, che hanno un’anima speciale. Vincere a Monza, poi, è qualcosa di unico: corri con la Ferrari davanti ai tifosi del Cavallino Rampante, e dopo la gara ricevi lettere e messaggi di congratulazioni molto importanti”.

Com’è per un pilota correre con una Ferrari? Qual è la sensazione?
“È un sogno, per qualsiasi pilota. Ho corso con altri marchi, ma con Ferrari è diverso: entri in una famiglia. La passione delle persone, l’atmosfera, l’orgoglio… è qualcosa che solo Ferrari sa creare. Ti senti parte di qualcosa di grande”.

E ora che ti ritiri, come passerai le domeniche senza gare?
Dipende dal tempo! (ride) Se c’è una gara, la seguirò da casa o dal circuito. Ma ho anche la mia attività da portare avanti. Se c’è bel tempo, mi piace uscire a fare un giro con una delle mie Ferrari e magari fermarmi per un buon pranzo. E poi, chissà, forse io e Andrea Bertolini faremo ancora qualcosa insieme, magari provare una Formula 1 per divertimento. Sarebbe un sogno chiudere il cerchio così”.