Mauro Forghieri, illustre direttore tecnico della Scuderia Ferrari scomparso nel 2022, aveva sperimentato un cambio semiautomatico già nel 1979. Si trattava di una soluzione che prevedeva un sistema idraulico ad alta pressione e fu testata nientemeno che da Gilles Villeneuve in persona. Dopo aver completato 100 giri sulla pista di Fiorano, il pilota di punta franco-canadese disse di preferire la semplicità di un normale cambio manuale.
Quando Ferrari introdusse un cambio automatico sulla monoposto 640 F1 del 1989, dimostrò un’audacia tecnica che fu ripagata con la vittoria nel Gran Premio del Brasile, gara inaugurale della stagione. Questa novità non fu sempre salutata con favore, eppure a metà anni Novanta tutti i team concorrenti avevano adottato un assetto analogo: fu dunque un momento di svolta epocale nella storia della Formula 1.
Ferrari iniziò presto a sperimentare un sistema con un principio di funzionamento simile da applicare alle auto stradali. Una prima versione, montata nel 1992 su un centinaio circa delle ultime Mondial T uscite dalla linea di montaggio, prevedeva una frizione automatica controllata elettronicamente da un attuatore elettromeccanico.
Scopri come il cambio a palette della Ferrari è passato da un potenziale fallimento a uno standard del settore
L’ingegner Paolo Martinelli ne riconobbe il potenziale e in seguito adattò una vettura in modo che fosse possibile azionare sia il cambio sia la frizione con questa tecnologia. Quando nel 1994 Martinelli divenne responsabile dello sviluppo motori del team di Formula 1, gli subentrò il collega Claudio Lombardi, che aprì la sua équipe a ricercatori del Gruppo Fiat e fornitori di sistemi elettronici come Magneti Marelli, oltre che a esperti in tecnologia software della vicina Università di Bologna.
La 355 F1 (1997) fu la prima stradale a adottare il nuovo sistema, introdotto nel quadro di una serie di aggiornamenti di metà carriera riservati alla bestseller della Casa di Maranello. Date le incredibili prestazioni del cambio manuale a sei marce della 355, la presenza delle due palette sul piantone dello sterzo e la scomparsa della classica griglia aperta con motivo ad H furono elementi visti con sospetto da molti, se non apertamente osteggiati da alcuni. È sempre stato così: l’essere umano è entusiasta del cambiamento ma ne è al tempo stesso intimorito, come dimostra ancora una volta l’attuale dibattito sull’intelligenza artificiale.
Il cambio semi-automatico della Ferrari è passato dalla Formula 1 alla strada con la Mondial. I comandi del cambio al volante furono introdotti sulla stradale 355 F1
Tuttavia, il cambio era lo stesso e la differenza consisteva nel fatto che le fasi di cambiata avvenivano per mezzo di un sistema elettroidraulico anziché schiacciando il pedale della frizione. La forma delle palette fu oggetto di un lavoro specifico svolto da un team di esperti in ergonomia dell’Università di Delft. Erano comandi di dimensioni volutamente considerevoli ma che non impedivano la visuale del quadro strumenti ed erano fissati al piantone dello sterzo in modo che il guidatore potesse adoperarli in modo semplice e sicuro, indipendentemente dall’angolo massimo di sterzata applicato.
Nel giro di pochi anni, tutte le auto ad alte prestazioni passarono a questo tipo di cambio semiautomatico che consentiva cambiate più rapide (150 m/s), un maggior coinvolgimento e una maggiore concentrazione del guidatore, nonché la capacità di resistere a carichi di coppia più elevati. Nei fatti era un manuale automatizzato piuttosto che un automatico puro, e alla guida l’auto rispondeva altrettanto bene di quanto avrebbe fatto con un cambio convenzionale.
Da allora le evoluzioni sono state molte e i progressi registrati in campo software e tecnologico hanno ridotto i tempi di cambiata a livelli quasi impensabili 30 anni fa. Ma Ferrari ci è arrivata prima di tutti.