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Passione

Il Ruggito del V12

Quando un collezionista si presentò con una storica seppur malandata monoposto di F1 della fine degli anni ’60, sembrava una missione impossibile. Non era rimasto quasi nulla del motore originale. Ma i restauratori del Dipartimento Classiche di Maranello non hanno esitato un attimo a raccogliere la sfida di ricostruirlo partendo praticamente da zero
Testo: Umberto Zapelloni
Foto: A.Ceccarelli, A.Bianchetti/Red Focus

Il Dipartimento Ferrari Classiche è il luogo in cui le imprese impossibili diventano possibili. Niente e nessuno è in grado di fermare chi è abituato da tempo a lavorare su ogni tipo di motore e di vettura, seguendo i disegni originali conservati con cura in un archivio che equivale al “Fort Knox” delle auto d’epoca. Nella loro ultima formidabile impresa sono riusciti a rimettere in pista una monoposto risalente alla fine degli anni ‘60. 


Irmo Costantini, figura di spicco del Reparto Assemblaggio Motori e attuale responsabile dell’Officina Classiche; Luigi Musi, “il gioielliere”, responsabile assemblaggio motori del Dipartimento Classiche dopo aver lavorato in Formula Uno ai tempi di Mansell; Stefano Tassi, il meccanico addetto ai motori: l’impegno e gli sforzi congiunti di questi “maghi del Cavallino” hanno riportato in vita il 12 cilindri di una 312. 

Gli stampi prima dell'assemblaggio per la colata; è richiesto un posizionamento accurato per il processo di colata; la stampa 3D; il momento della colata; il coperchio della pompa dell'olio stampato in 3D; la sabbia viene rimossa dopo la colata

Non si tratta di una monoposto qualsiasi, bensì della 312 F1 del 1967, numero di telaio 0007, che fu guidata da Chris Amon alla fine del 1967 e all’inizio del 1968, successivamente da Derek Bell nella Gold Cup del 1968 e nel Gran Premio degli Stati Uniti dello stesso anno. Una vettura che è entrata nella storia del Gran Premio del Belgio del 1968 come prima monoposto di Formula Uno a montare un’ala posteriore. 

 

Questa innovazione nacque da un’idea geniale di Mauro Forghieri, all’epoca responsabile del dipartimento corse. Il leggendario ing. Forghieri era un uomo capace di disegnare e progettare una monoposto di F1 dal primo all’ultimo bullone. L’attuale proprietario della 312 F1, un collezionista francese, è arrivato a Maranello dopo essere stato lasciato a piedi durante una gara dedicata alle auto d’epoca. 

la modellazione 3D del blocco motore; supporti dell'albero a camme; un trattamento sui componenti del blocco motore; regolazione delle 'ghigliottine'; controllo del movimento dell'albero a camme

Al cospetto di un’auto così prestigiosa, il Dipartimento Classiche di Maranello si è messo subito all’opera per recuperare i disegni originali dell’epoca e per ricostruire il motore nella sua forma originale, difetti compresi. Per quanto riguarda il basamento, si è solo deciso di sostituire il magnesio con l’alluminio al fine di migliorarne l’affidabilità e l’uso. La configurazione del motore è stata ricavata dai disegni originali, mentre le testate sono state sottoposte a un accurato controllo e quindi restaurate. In pratica, è stato possibile recuperare unicamente le testate del motore così come era giunto in fabbrica, mentre il basamento e altri componenti sono stati realizzati in fonderia.  

 

È stato realizzato un modello 3D, partendo dai disegni originali che hanno suscitato il plauso nei confronti della professionalità dei colleghi dell’epoca: “Abbiamo apprezzato la grande abilità dei nostri progettisti di allora, che realizzavano i disegni in 2D. Ma pensavano in 3D”, dichiarano gli ingegneri del Dipartimento Classiche di oggi. Il modello finito è stato riprodotto. Il modello grezzo con le sovrapposizioni per le successive lavorazioni, le anime e gli stampi senza staffe sono stati tutti riprodotti per le simulazioni di fusione e poi per la fusione vera e propria.

 

Mauro Forghieri, Direttore Tecnico della Scuderia Ferrari, tiene d'occhio la monoposto al GP di F1 del Belgio nel 1968

Il motore è semplicemente straordinario, sembra quasi scavato come una cattedrale, mentre le fusioni sono state opportunamente rilavorate. “È un motore sensazionale, con passaggi dell’olio e dell’acqua che sono praticamente attaccati ai cilindri nella parte superiore. Ogni componente è perfettamente integrato; non ha nemmeno una coppa dell’olio”. Usando la fusione per gravità, il processo di costruzione del motore si è rivelato particolarmente complesso, tanto che per ottenere un risultato impeccabile è stato necessario realizzare due fusioni per separare i circuiti dell’olio e dell’acqua. Il know-how della Casa di Maranello in materia di fusioni ha, comunque, consentito di completare il motore in soli tre mesi, con le boccole realizzate appositamente dal fornitore originale.  

 

La passione con cui lavorano gli addetti del Reparto Corse ha permesso di creare un motore il più possibile simile all’originale. Un’autentica opera d’arte. Inoltre, con il suo V12 a 60° con cilindrata di 2.989,56 cc, emette un “ruggito” che non passa certo inosservato.